A.K.A. Togliete il lettore DVD a Guy Ritchie.
Se volete la ricetta per il più assurdo guazzabuglio sulle vicende del Once and Future King, non andate oltre. Ce la mostra King Arthur – Il potere della spada.
750 gr. di Harry Potter (meglio se La Camera dei Segreti, soprattutto per via dei serpenti)
350 gr. Sherlock Holmes (tanto Watson ce l’abbiamo, e già che ci siamo, mettiamoci pure un cucchiaino de The Young Pope)
300 gr. de Il Signore degli Anelli (Mordor State of Mind)
250 gr. de Il Trono di Spade (Da Ditocorto a Grassoqualcosa, mai un nome normale Aiden, oh! E davvero continuate a fidarvi di Roose Bolton? Shame! Shame! Shame!)
220 gr. Star Wars (e andiamo, chi non l’ha pensato, soprattutto sul finale)
170 gr. de Le Cronache di Narnia (Aslan, mancavate te e il Signor Tumnus)
110 gr. Mix in polvere di Troy e 300 (perché sì)
50 gr. di Marvel (Ultron e Vortigern BFFs)
Una spolverata di Vikings (Ragnar e Artù dovrebbero farsi una birra insieme ogni tanto)
Aggiungere riferimenti vari a piacimento.
Un cast di primo livello – Charlie Hunnam, Jude Law, Eric Bana, Katie McGrath (che a quanto pare, e con nostra somma gioia, non riesce a stare lontana da Camelot), Astrid Bergès-Frisbey, Aidan Gillen (e persino una comparsata di David Beckham!) – purtroppo non basta per far riuscire col buco una ciambella film che, già dalle prime scene, confonde più che sorprende lo spettatore.
Tra un serpente di troppo e una spada al neon che induce trip mentali, gli espedienti atti a rendere il film originale e differente dalle altre trasposizioni, lo portano invece a risultati più vicini al trash e al ridicolo.
Lo stile di Rtchie, che tanto aveva funzionato nel portare sul grande schermo le avventure di Sherlock Holmes, mal si adatta alla più recente rivisitazione delle gesta di Re Artù, fornendo un tono dissonante alla pellicola.
Se si possono apprezzare alcuni elementi – lo sviluppo caratteriale del personaggio di Artù, alcuni scambi di battute à la “Mike? Quale Mike” (non tutte però, il troppo stroppia, specialmente per questa tipologia di film), la colonna sonora altamente suggestiva e più che azzeccata – lo stesso non si può dire del montaggio e della fotografia: quello che vuole sembrare una presa artistica della sequenza narrativa, spesso ottiene un effetto di spaesamento che porta a una perdita di fluidità nel susseguirsi delle scene.
Anche Charlie a petto nudo non si disprezza comunque, eh.
Stesso discorso per la sceneggiatura, che sembra risentire della fatigue imposta – direttamente e indirettamente – sia dalla spiccata inventiva mostrata da prodotti appartenenti allo stesso genere che hanno letteralmente inondato cinema e tv negli ultimi anni, sia dalla pressione imposta dall’incarico di catturare nuovamente su pellicola un personaggio così amato.
Difficile, insomma, ritenere un buon prodotto un’opera che sembra – volontariamente o meno – più un taglia e cuci di successi di botteghino precedenti a essa che altro, e che poco aggiunge sul fronte tecnico e dei contenuti.
Quando è più Harry Potter Re Artù di Harry Potter, sorge spontaneo chiedersi che fine abbia fatto Dobby e perché Silente stia complottando contro il nipote (alla fine, non ci voleva molto per vedere Jude Law nel Potterverse, bastava attendere il sequel di Animali Fantastici).
Se il vostro obbiettivo è quello di passare una serata in maniera spensierata e farvi due risate con gli amici, allora è il film giusto per voi; ma se sono epicità, personalità e solidità narrativa che cercate, magari in sala 2 danno ancora I Guardiani della Galassia.
Laura